Microstoria #005 (21-10-2020)

-Lupi-, aveva detto Overon che apriva la strada. -Con questo freddo sono scesi più a valle…- continuò indicando le pendici boscose delle montagne con un gesto vago. Io, dopo tutti quei giorni di cammino, non avevo più le forze per preoccuparmi dei predatori. -Non c’è da preoccuparsi- tagliò corto la nostra guida rimettendosi in marcia a passo deciso, -c’è molta selvaggina qui… ce la caveremo piazzando i turni di guardia al carro con le vettovaglie, non possiamo permetterci di restare senza cibo, ci rallenterebbe o peggio.

Camminavamo in fila indiana, Overon sempre in testa, poi Grinfie d’Osso, il suo braccio destro di origine indigena; a seguire il giovane Flauto che era con noi quasi per caso, poi c’ero io che a stento riuscivo a pensare a qualcosa di diverso dal mettere un piede davanti all’altro e proseguire così. Dietro di me il vecchio Foglia d’Oro, il mio mentore, arrancava senza un lamento, ma io sapevo che era ferito al ventre nonostante lo avrebbe nascosto fino alla fine. Il carro chiudeva la nostra processione, sobbalzava sulla strada sconnessa trainato da un mulo e da una cavalla nera di nome Ghila; le loro briglie erano tenute saldamente da Landina De Verri, una contessa decaduta, ultima di una stirpe di spendaccioni impenitenti dei quali conservava giusto l’attitudine al scialacquare denaro. Dove stavamo andando? Immaginavo che ce lo stessimo chiedendo tutti nel profondo di noi stessi. Il bosco di abeti ci accolse e con esso il canto di un uccello che mi scaldò il cuore. C’era ancora chi fosse disposto a cantare in quelle terre!